Nextgozio
Autori: Manuel Faé e Patrizio Bertin
Prefazione: Michele Boldrin
Postfazione: Carlo Sangalli
- Il Prato Edizioni -
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Nextgozio
Nextgozio è il libro utile per chi ha un negozio o un'attività locale e mostra come i cambiamenti degli ultimi 20 anni, soprattutto tecnologici, hanno trasformato la società e il commercio in maniera prepotente e irreversibile.
Come se non bastasse, oggi i mutamenti hanno subito una tremenda accelerazione in conseguenza al particolare periodo storico che stiamo vivendo e spesso ad esserne maggiormente colpiti sono i negozi e il commercio al dettaglio.
Nextgozio analizza come l'avvento di internet e la conseguente trasformazione digitale della società abbiano impattato sul mondo del commercio, rendendo obsoleti i modelli di business classici ma mostrando al contempo, per chi li sa cogliere, nuovi scenari e nuove possibilità prima impensabili anche per le attività locali e per i dettaglianti in genere.
La rivoluzione tecnologica dell'ultimo ventennio (e l'accelerazione imposta in questi ultimi anni) ha modificato, tra le altre cose, il processo d'acquisto dei clienti e le loro aspettative in termini di customer experience.
Dopo un breve excursus storico sull'evoluzione del commercio, il focus del libro — pensato per chi è titolare o gestisce negozi o attività locali — è quello di mostrare come la rete, i social, le nuove tecnologie e l'e-commerce non porteranno necessariamente alla scomparsa dei punti vendita fisici.
Il loro prosperare però, richiede la rivisitazione del modello di business “classico” e l'integrazione delle attività di promozione e di gestione offline con quelle online, al fine di offrire all'utenza esperienze d'acquisto in linea con le nuove abitudini dei clienti, grazie alle irrinunciabili possibilità date dalle nuove tecnologie.
Nextgozio: autori
Manuel Faé
Manuel Faè è imprenditore e si occupa di marketing e comunicazione digitale dai primi anni 2000.
Consulente di importanti aziende e imprese nel settore del turismo, del food, della distribuzione e dei servizi, è autore anche del libro “Il Succo del Web Marketing“ con A. Sportelli con cui porta avanti il progetto Connection Manager, dedicato ai professionisti di marketing digitale.
E' laureato a Padova in Scienze Politiche indirizzo Economico, e papà di Giuseppe e Gabriele.
Patrizio Bertin
Patrizio Bertin è imprenditore nel settore del food e Presidente di Confcommercio Veneto e Ascom Padova.
E' membro del Consiglio Generale della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e membro della giunta nazionale di Confcommercio con delega alle infrastrutture.
Nextgozio: indice del libro
Prefazione di Michele Boldrin - pag. 7
Introduzione - pag. 13
PRIMA PARTE
1.1. Breve storia dell’evoluzione del commercio
1.1.1. Lo sviluppo del commercio in Italia
1.2. L’avvento di Internet
1.2.1. Internet in Italia
1.3. Il diffondersi dell’e-commerce
1.4. L’Internet economy
2.1. La rivoluzione digitale
2.2. Le nuove potenzialità dell’e-commerce
2.3. Gli smartphone e l’influenza del digitale
2.4. Dalla “paralisi da scelta” all’acquisto personalizzato
2.5. Vita onlife e omnicanalità
2.6. Le nuove generazioni
3.1 Il caso Amazon
SECONDA PARTE
4.1. Le influenze socio-culturali sui consumi
4.2. Le motivazioni allo shopping
4.3. L’esperienza del consumo
4.4. Il fattore umano
5.1. Come si analizza il processo d’acquisto
5.1.1. Scoperta o Problema
5.1.2. Riferimento
5.1.3. Acquisizione informazioni
5.1.3.1. Venditore noto, credibile, autorevole
5.1.3.2. Fiducia
5.1.3.3. Rischio
5.1.3.4. Urgenza
5.1.3.5. Coinvolgimento emotivo
5.1.4. Acquisto
5.1.5. Soddisfazione o Insoddisfazione
5.2. L’approccio strategico al marketing
5.3. La connessione tra il processo di acquisto e il processo di vendita
TERZA PARTE
6.1. L’innovazione
6.2. Online e offline: una convivenza interattiva
6.3. Le nuove tecnologie
6.4. Il negozio del futuro
7.1. Rivoluzione digitale e cambiamenti
7.2. Il Covid-19
7.3. I nuovi negozi fisici
7.4. Idee e strumenti per il successo
Postfazione di Carlo Sangalli - pag. 193
Ringraziamenti - pag. 197
Bibliografia - pag. 199
Sitografia - pag. 202
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Leggi la prima parte del libro Nextgozio
Non ho particolare simpatia per gli instant-book che guru, o aspiranti tali, producono a velocità fulminante dopo ogni “evento epocale”.
L’epidemia del Covid-19 non ha fatto eccezione, anzi. I primi libri liofilizzati che spiegavano tutto ed il suo opposto apparvero già nell’aprile scorso e, da allora, il torrente non ha smesso di crescere e di espandersi ad ogni campo dello scibile umano.
Anche il libro che sto presentando affronta, in svariati punti, il tema Covid-19 e si sforza di analizzarne l’impatto che ha avuto ed avrà su un settore, quello del commercio al minuto in Italia, che sappiamo essere particolarmente fragile ed esposto proprio ai rischi di “repentini cambiamenti comportamentali” simili a quelli che l’epidemia ha determinato.
Ciò che mi ha condotto a fare eccezione ed a scriverne una prefazione elogiativa è proprio il fatto che gli autori riescano a parlare di Covid-19 senza sciorinare banalità preconfezionate, senza infilare la pandemia in ogni dove a giustificazione d’affermazioni improbabili e, soprattutto, che lo facciano a partire da una solida analisi dei processi di lungo periodo che erano in moto ben prima del gennaio 2020 e che – come gli autori comprendono e ci spiegano – continueranno anche una volta che la vaccinazione di massa, ora in corso, trasformi nuovamente le forme del nostro interagire pubblico.
Regole che, vale la pena menzionarlo, cambieranno per sempre anche se, e qui giustamente gli autori non s’arrischiano di fare i guru con la palla di cristallo, è oggi davvero difficile fare una previsione sensata su quanto radicale questo cambiamento sarà.
Questo virus è endemico e circolerà nel mondo per anni a venire; i vaccini lo potranno portare al livello di gravità della normale influenza ma non potranno eliminare né gli effetti particolarmente negativi che sembra avere sui vulnerabili, sia il timore oramai profondo e diffuso, del “contagio” come evento da evitare.
Questi fatti, per il mondo dei servizi personali e quindi del commercio, hanno grande rilievo ed implicano cambiamenti comportamentali duraturi.
Il fulcro del libro, infatti, non sono tanto le chiusure – più o meno giustificate – di cui il piccolo commercio è stato vittima durante gli ultimi 12 mesi, né l’accelerazione del processo di digitalizzazione del settore che i cambiamenti indotti dall’epidemia hanno incentivato.
Il fulcro, ed il valore aggiunto, del libro di Manuel e Patrizio sta, anzitutto, nel riconoscimento che la digitalizzazione del commercio era in corso da lungo tempo anche in Italia mentre la sua rilevanza veniva beatamente ignorata o sottostimata dal complesso del settore commerciale italiano. Per quest’ultimo, quindi, la pandemia e le chiusure da essa indotte hanno funzionato come un enorme e doloroso ceffone che costringe ad un subitaneo risveglio.
Doloroso ma, almeno per coloro che sapranno svegliarsi in tempo e recuperare il tempo perduto, assolutamente salutare.
Infine, il valore aggiunto del libro sta anche nel documentare che questo processo di digitalizzazione si è ora solamente accelerato e che esso è complessivo.
Cosa intendo con complessivo? Che rimette in discussione l’intero rapporto fra, da un lato il negoziante-distributore di beni e servizi e, dall’altro, i consumatori, i produttori-fornitori ed i propri concorrenti stessi.
Cambia tutto, quindi, non solo il fatto che occorre saper fare consegne a casa dei propri prodotti come un’osservazione superficiale della “digitalizzazione da Covid-19” potrebbe far credere! E cambia tutto perché stava già cambiando da due decenni ed era insito in quel particolare “combinato disposto” di tecnologie che chiamiamo “rete” o “internet”.
Per le imprese commerciali non si tratta solo di attrezzare un sito on line dove i consumatori possano compilare un ordine al fine di avere poi la consegna a domicilio. Si tratta anche di ordinare e gestire il magazzino on line, di farsi pubblicità on line, di creare momenti di incontro con i clienti on line, di interagire con fornitori e persino dipendenti attraverso la rete e di adattare – meglio ricreare – la presentazione dei propri prodotti al fatto – questo sì epocale – che il mondo digitale è diventato reale e, spesso, totalizzante per molti consumatori, specialmente quelli nei gruppi di età più giovani.
Sempre più spesso, quando il consumatore “naviga” fra negozi ed attività commerciali on line non compie un rito “preliminare” al vero processo di acquisto che avverrà poi fisicamente visitando questo o quell’altro centro commerciale.
No, sta passeggiando, osservando, valutando, confrontando, decidendo ed acquistando. Il processo inizia, avanza e si completa on line e non c’è un “dopo” durante il quale, avendolo “acchiappato” lo si possa portare con metodi tradizionali all’acquisto desiderato. Se la tua presenza on line è solamente mirata a “farli venire in negozio” non hai capito quello che sta accadendo.
Non da un anno, da vent’anni almeno. Faè e Bertin questo lo sanno spiegare molto meglio di quanto possa fare io e lo fanno, questo mi sembra rilevante, con una pletora di esempi e con un’analisi socio-psicologica del consumatore on line che mi sento di definire magistrale.
L’accurata analisi che il libro contiene, la vasta raccolta di informazioni e dati su cui si fonda oltre all’articolazione del messaggio di fondo – che il piccolo commercio tradizionale non ha, come inevitabile destino, quello di una sua quasi totale scomparsa nel mondo del commercio on line – sono palesemente antecedenti all’epidemia e distillato di svariati anni di lavoro e ricerca degli autori nel settore.
Se questo messaggio sia fondato e le analisi ed i consigli che Manuel e Patrizio dispensano nel libro possano aver la capacità di far capire al commerciante medio italiano come reagire al cambiamento, io non so dire e solo il tempo potrà emetter sentenza. Mi sembra invece certo che questo testo dovrebbe essere lettura obbligata per chiunque operi nel settore commerciale in Italia.
Questo anche perché una delle cose che il libro documenta chiaramente e sottolinea con forza è che il cambiamento in corso ha natura tutt’ora esponenziale e richiede quindi una velocità di reazione che, meglio riconoscerlo, il mondo commerciale ed artigianale italiano continua ad essere incapace di esprimere.
Quello che un tempo richiese secoli e poi decenni e poi anni oggi richiede mesi: se non lo comprendi sei fuori dal gioco, commercialmente parlando sei morto. Perché Manuel e Patrizio hanno in mente il commercio, ossia la capacità di vendere i propri prodotti o servizi e di questo ci parlano.
Però ci offrono un libro quasi accademico, un testo riflessivo ed analitico che dovrebbe essere letto sia da chi nel settore opera sia da chi quel settore amministra, regola o, teoricamente, protegge attraverso attività di lobbying. Fuor di metafora: la dirigenza delle svariate associazioni di categoria.
Queste ultime, per poter meglio servire ai propri associati, dovrebbero praticamente abbandonare l’attività di lobbying – puoi far approvare tutte le web-tax che vuoi, la superiorità della logistica di Amazon è tanta e tale che l’effetto sarà invisibile tre mesi dopo – e trasformarsi in think-tank. Ma non, come purtroppo stanno già facendo, in piccole varianti dell’ISTAT producendo repliche dei dati di contabilità nazionale ristretta al settore del commercio o dell’artigianato. Nel mondo digitale queste “copie” valgono meno di nulla e rischiano di essere solo una replica di servizi offerti prima e meglio da altri.
Dovrebbero trasformarsi in think tank della rivoluzione tecnologica urgente che i loro associati avrebbero dovuto intraprendere ieri e non hanno pianificato nemmeno per domani.
Questo Faè e Bertin non lo dicono così esplicitamente – infatti lo scrivo io: le prefazioni dovranno pur servire a qualcosa – ma è, sul piano operativo e al di là degli specifici consigli pratici che questo o quell’altro imprenditore potrà ricavare dalla lettura del libro, il vero e fondamentale messaggio del lavoro di ricerca che Manuel Faè e Patrizio Bertin qui ci offrono.
Un solo appunto, certamente alquanto accademico: l’accelerazione è progressiva, non avviene solo nel XXI secolo rispetto al XX. Uno sguardo a quest’ultimo ed a quello che si scriveva, per dire, anche solo 50 o 100 anni fa dovrebbe aiutare a capire che sia all’inizio che attorno alla metà del secolo XX, gli osservatori più attenti notavano un’accelerazione mai vista prima nel cambiamento tecnologico.
E, se tornassimo indietro, vedremmo affermazioni simili nel secolo XIX rispetto al XVIII … e così via sino, più o meno, a quell’epoca lontana ma italiana che chiamiamo Rinascimento quando, tra il XIV ed il XVI secolo qualcosa cambiò in modo radicale nell’andamento, apparentemente sonnolento da quasi un millennio, dell’Europa e del mondo.
Ma son questioni accademiche, appunto.
Un’ultima osservazione o consiglio. Il libro, a me sembra, ha una struttura modulare, ovvero risulta leggibile e comprensibile a partire da quasi ogni capitolo.
Non serve leggere questo libro dall’inizio, si può praticamente iniziare da un capitolo qualsiasi (magari da quello su cui il lettore pensa d’aver maggior conoscenza o, viceversa, curiosità) per poi procedere per argomenti anziché in sequenza.
Personalmente partirei dal settimo (dalla fine praticamente) perché in questo capitolo Manuel e Patrizio cercano di chiarire i complicati ed imprecisi sentieri che si dipartono dall’oggi e che chi opera nel settore deve scegliere di percorrere.
Così facendo, avendo chiaro in mente dove gli autori vogliono andare operativamente a parare, credo possa diventare sia più facile che più godibile assimilare gli elementi storici ed analitici dei capitoli precedenti.
“Vi sono 2 tipi di imprese: quelle che cambiano e quelle che scompaiono” P. Kotler
Quest’opera è stata concepita a metà del 2019 e scritta a partire dai primi mesi del 2020, quando il nostro Paese e il mondo intero sono stati investiti da una pandemia di dimensioni epocali.
Impossibile negare i risvolti del Covid-19 sull’economia e sul commercio ma altrettanto impossibile definirne oggi esattamente natura e portata. Le variabili sono molte e sicuramente i futuri assetti deriveranno anche da scelte politiche e rapporti di forza o accordo tra le principali potenze mondiali e tra tutti gli Stati.
Qualche idea ce la siamo fatta e qualche ipotesi possiamo formularla; sicuramente, quindi, nello sviluppo del libro le illustreremo. In premessa ci preme invece fare una considerazione di carattere generale: un virus, di per sé minuscola creatura, ha attentato alla nostra salute e alla nostra situazione socio-economica con ciò svelando le nostre non scarse fragilità, d’altra parte però può aver attivato e attivare i nostri punti di forza.
Quanto la pandemia del coronavirus ha stravolto la nostra vita, il commercio, le prospettive del digitale, le tendenze culturali? Di fatto ha generato una condizione nuova e straordinaria alla quale non eravamo preparati e non è facile sapere quanto alto ne sia stato, esattamente, il costo. Nel contempo ci ha costretti a una sorta di pausa forzata che può riflettersi in termini positivi sul futuro.
Al di là della saggezza che ci impone di vedere le crisi come momenti inevitabili e anche come opportunità per capire errori, imparare lezioni, rimodellare programmi, cambiare direzioni o strategie, possiamo pensare che il mercato maturi — proprio nelle estreme difficoltà — elementi provvidenziali di resilienza, innovazione, flessibilità e proattività.
I tragici aspetti umani, purtroppo, resteranno una ferita difficile da sanare.
Di contro, commercio ed economia, possono reagire con nuove risorse. Non tutto è perduto, è solo stato profondamente scosso da un allarme che costringe a rivedere gli obiettivi o le modalità per raggiungerli.
Il discorso è naturalmente lungo e articolato, andrebbe analizzato in modo stringente, settore per settore e con la giusta attenzione alle differenze territoriali, ma in prima battuta il fattore che riteniamo rilevante prendere in considerazione è la “lungimiranza”.
Una lungimiranza intrisa di tecnologia, creatività e sostenibilità.
Come vedremo nei capitoli successivi, con il mutamento socio-culturale dell’era digitale il cammino del commercio offline e online avrebbero richiesto riflessioni, intraprendenza, variazioni di approccio e mentalità a prescindere dalla burrasca del Covid-19.
Molto probabilmente il rischio che queste riflessioni, questa intraprendenza, queste variazioni di approccio e mentalità fossero troppo lente o inadeguate, potrebbe essere stato scongiurato proprio da un evento così drastico.
Si fa di necessità virtù perché è proprio la necessità a liberare energia e coraggio.
Il punto fermo è che viviamo in costante trasformazione, una trasformazione che negli ultimi decenni è stata accelerata dall’evoluzione tecnologica. Non essere pronti al cambiamento, nel commercio significa rischiare di essere sorpassati, travolti, annientati.
E il cambiamento, peraltro, può presentarsi anche improvvisamente e violentemente.
Il Covid-19 ha messo definitivamente in luce, ad esempio, la necessità di unire offline e online.
Quando quello offline è stato forzatamente messo in pausa, i canali online hanno offerto alternative per evitare il tracollo: è stato meno penalizzato chi era maggiormente digitalizzato e gestiva il business in un modo che permetteva almeno una parziale riconversione verso l’online. Abbiamo visto l’organizzazione di servizi di delivery e anche un maggior uso dei social media per attività di marketing e di relazione con la clientela.
D’altro canto, in tempi di lockdown, tutte le persone sono state maggiormente connesse e hanno preso maggior dimestichezza con l’uso di internet, con gli e-commerce, con il gaming online, con la formazione a distanza.
Facciamo l’esempio di ristoranti o negozi alimentari. All’indomani della chiusura per ragione di salute pubblica, si sono adoperati per fornire un servizio alternativo: quello della consegna a domicilio.
Molti chef hanno anche intrattenuto i clienti online con video, ricette, consigli di cucina: una comunicazione di vicinanza che ha loro consentito di tenere vivo il rapporto con i clienti. Analogamente molti professionisti si sono organizzati per garantire il servizio alla clientela attraverso consulenze online, così come molte aziende hanno riprogrammato il lavoro con la gestione in smart working.
Questo ha sostanzialmente dimostrato non solo un ottimo spirito d’iniziativa ma anche, o forse soprattutto, che esistono modelli e percorsi alternativi da imboccare o valorizzare.
Queste sono state reazioni costruttive per fronteggiare il periodo critico, proteggere l’attività e soddisfare il consumatore.
Abbiamo parlato di lungimiranza perché si tratterà in taluni casi di re-inventare il servizio, di diversificare l’offerta, di intercettare le eventuali mutate esigenze del consumo, al di là della fase di emergenza. Un’emergenza dalla quale coscienza sociale e sensibilità individuale possono uscire cambiate, provate o desiderose di una ripresa.
Abbiamo parlato di lungimiranza tecnologica, creativa e sostenibile perché ci sembrano i tre caratteri che, insieme, possono dare chiavi di lettura e di ispirazione per il commercio, tanto offline che online.
Il secondo ha avuto una specie di corsia preferenziale nel periodo di chiusura di molti negozi. Molti acquisti sono stati giocoforza dirottati sul web. Parallelamente, il sentimento popolare è parso schierarsi decisamente per una solidarietà diffusa proprio verso il retail tradizionale, duramente colpito dal coronavirus.
È interessante notare questo fenomeno perché ci conferma che il consumatore post-moderno, colto da eventi del tutto straordinari, ha consolidato in maniera piuttosto vigorosa una consapevolezza civile e una tendenza quasi istintiva a salvare il patrimonio della rete vendita di prossimità, territoriale, “umana”.
Produttori e venditori sono insomma decisamente chiamati a una rivisitazione del paradigma dell’offerta.
Occorre sappiano efficacemente interpretare le istanze e i desideri di un consumatore sempre più protagonista e nel contempo attraversato da quel subbuglio emotivo, economico, psicologico e culturale che la pandemia Covid-19 ha sollevato.
Il Commercio: dalla nascita all’avvento di Internet
1.1. Breve storia dell’Evoluzione del commercio
Gli scambi commerciali sono stati da sempre il fulcro della vita sociale. Fin dall’età antica, il moltiplicarsi delle vie di comunicazione è stato causa, ma anche effetto, del proliferare delle attività commerciali, che rappresentano di fatto il centro della vita urbana, con botteghe, piazze del mercato e negozi.
Il commercio ha svolto così un ruolo essenziale per l’evoluzione demografica e socio-economica di ogni paese, definendone lo sviluppo e regolandone i rapporti coi paesi limitrofi. In ogni comunità, grande o piccola, esistono luoghi destinati allo scambio e alla vendita. Luoghi che si sono evoluti nel tempo, adattandosi ai vari contesti nazionali, e hanno assunto forme, ruoli e significati diversi.
La storia non serve soltanto a ripercorrere cronologicamente situazioni e fenomeni, a conoscere quali cambiamenti sono avvenuti e come. Può essere una fonte importante di ispirazione e riflessione. Le trasformazioni e i progressi non negano necessariamente le esperienze del passato: ne prendono spunto, ne fanno lezione, le modificano. Le nuove idee possono essere vecchie idee rielaborate con differenti strumenti e differente mentalità.
Peraltro, è importante rendersi conto dell’interdipendenza di commercio, cultura e costume.
Uno sguardo al passato può dunque rivelarsi, oltre che affascinante, utile. Utile perché il passato contiene ragioni e stimoli che possono essere illuminanti. Utile perché il passato spesso non è che l’incubatore del presente e del futuro: ogni suo fermento si traduce nel tempo in trasformazioni, magari non tutte sostanziali, talvolta solo di approccio.
Partendo dall’Agorà dell’Antica Grecia, cuore pulsante della vita sociale, il mercato, si è pian piano trasformato nelle prime botteghe nel Medioevo. Per bottega si intende di fatto un piccolo negozio, affacciato sulla strada o sulla piazza, che non spicca visivamente nel tessuto urbano, in quanto privo di vetrina o insegna; particolari che compariranno solo molto più tardi. L’aspetto estetico non era quindi rilevante, mentre la struttura doveva essere funzionale, in quanto l’artigiano, proprietario della bottega, utilizzava questo luogo anche per produrre direttamente in loco i pochi prodotti che vendeva. Il produttore fungeva, quindi, anche da venditore e faceva da intermediario tra l’acquirente e il prodotto, la cui qualità era garantita dall’esperienza e dalla fama locale dell’artigiano stesso. Al centro del processo di vendita c’era la relazione tra venditore e consumatore ed il valore del prodotto spesso dipendeva dal legame di fiducia che si era instaurato tra i due.
Bisogna aspettare il Settecento per poter percepire, per la prima volta, i caratteri che anticipano un’idea di negozio come siamo abituati a pensarlo oggi. Pian piano si inizia a dare maggiore importanza ai particolari estetici della bottega. Cominciano ad essere usate le prime insegne e nascono le vetrine, usate come strumento per catturare l’attenzione dei passanti: un ponte tra esterno e interno del negozio, un collegamento che invoglia l’accesso. È così che nasce la prima struttura di vendita non solo funzionale ma legata anche ad un’esperienza visiva. Il negozio assume un nuovo ruolo: non più solo contenitore di cose ma luogo in cui prende vita lo scambio commerciale. Anche la funzione dei prodotti cambia drasticamente: i beni, prima non visibili e resi inaccessibili al consumatore, ora sono esposti in modo tale da stimolare il desiderio all’acquisto e al consumo. Non sono più solo l’atto ultimo che sostanzia l’acquisto, ma sono in primis l’esca.
La maggiore scelta di prodotti, sia in termini di varietà che di prezzo, modifica anche i rapporti di forza tra venditore e acquirente, che ora può scegliere, facendo nascere così l’esigenza, da parte del venditore, di conquistare il favore del cliente per assicurarsi la vendita, attraverso sconti e offerte, ovvero attraverso le prime operazioni di marketing.
Con la metà dell’Ottocento si sviluppano poi forme commerciali ancora più simili a quelle odierne, legate alla grande distribuzione e non solo ad un modello di business fatto da singoli piccoli negozi locali.
A partire dal XIX secolo, a seguito dei profondi mutamenti sociali, economici e urbani innescati dalla rivoluzione industriale, si assiste ad un importante cambiamento nel carattere funzionale della strada, ormai occupata prevalentemente da veicoli, per assecondare le necessità di trasporto delle prime metropoli ottocentesche. Questo determina la necessità di realizzare luoghi di incontro destinati esclusivamente ai pedoni e porta alla creazione di architetture commerciali, spesso in spazi chiusi che permettano il passaggio in qualsiasi stagione dell’anno e in qualsiasi condizione climatica. Fioriscono, così, a Parigi i passages o gallerie commerciali, ovvero strade commerciali coperte, adoperate talvolta anche con la funzione di piazze e spazi per la socialità.
Esse attirano un pubblico vario e curioso, essendo in grado di aggregare in un unico luogo diversi tipi di attività commerciali, unendo insieme il reperimento e il consumo di beni e servizi. Potremmo considerare proprio questa loro caratteristica come la prima forma di intrattenimento nel punto di vendita, un modo nuovo per sedurre e attrarre il consumatore, ed una nuova opportunità di generare...
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Nextgozio sostiene il V.I.M.M. - Veneto Institute of Molecular Medicine - braccio operativo della Fondazione Ricerca Medica Avanzata ETS con sede a Padova che è polo di eccellenza a livello nazionale e internazionale per le ricerche in biologia cellulare e molecolare.
In particolare, la ricerca del VIMM si concentra sulle malattie cardiovascolari, le malattie del metabolismo, le malattie muscolari, le malattie neurodegenerative, le leucemie e i tumori.
In concreto gli autori sostengono la Fondazione donando 3 euro per ognuna delle copie stampate del libro.
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